Lingua francese – Wikipedia

Lettera/digrafo Trascriz.
IPA Spiegazione a, à /a/ È una “a” di albero. La versione con l’accento grave, “à”, si usa per disambiguare graficamente degli omofoni. â /ɑ/~/a/ È una “a” di albero, aperta ma più gutturale, cupa, cavernosa e posteriore, pescata dal fondo della gola, come l’inglese “car” pronunciato con la pronuncia Oxbridge/Queen English/Received Pronunciation. La differenza comunque oggi si sta perdendo. In talune parole, l’accento circonflesso indicava la caduta di un’antica *s appena dopo la vocale o di un’ulteriore vocale poi caduta. e /ɛ/, /e/, /ə/ In sillaba chiusa (cioè che finisce per consonante) è una “e” aperta di “tè“, a meno che la consonante finale non sia una “r” muta o una “z” muta, nel qual caso diviene una “e” chiusa di “perché“. Se non ha l’accento tonico (non ortografico) si riduce ad una vocale neutra, la schwa. Si ottiene immaginando di declamare i nomi delle lettere dell’alfabeto (“a, bi, ci, di, e, effe, gi…”) togliendo le vocali (“b, c, d, f, g…”). é, ée /e/ È una “e” chiusa di “perché“. In svariate parole indica la presenza in passato di una consonante che seguiva la vocale, inclusa una *s. ê, è /ɛ/ È una “e” aperta di “tè” e dunque più aperta di /e/, con la bocca più spalancata e la lingua leggermente più distante dal palato. L’accento circonflesso in svariate parole indica la presenza in passato di una consonante che seguiva la vocale, inclusa una *s. -e, -es muta La -e non accentata a fine parola cade in pronuncia, tranne che nel caso in cui la parola sia monosillabica (ad esempio “que, de, je”), nel canto (per necessità metriche), o quando ci sono incontri di consonanti difficili da pronunciare (ad esempio in “carte d‘identité”). In tutte queste evenienze si pronuncia come una schwa; ciò avviene anche se la “e” è seguita da una singola “s”. æ /e/ È una “e” di “perché“. In francese, questa vocale si chiama e dans l’a. Si trova solo in latinismi (come ad esempio il nome proprio “Lætitia”). ae /a.e/ Quando non c’è la legatura, si pronuncia come una /a/ seguita da /e/. Si trova in prestiti, ad esempio “paella” (un piatto originario di Valencia). ai, aî; ei, eî /ɛ/, /e/ In sillabe aperte è una “é” di “perché“, in sillabe chiuse è una “è” di “tè. aï /ai/ È grossomodo una “ai” di faina. La dieresi/umlaut/tréma sopra la “i” indica che quello che in apparenza è un dittongo non si pronuncia /e/ o /ɛ/ ma così come è scritto, e che la -i fa parte della sillaba successiva, ad esempio “nf”. eu, eû, œu /ø/ È una “e” di elmetto ma in più è anche arrotondata/procheila: si pronuncia tenendo le labbra arrotondate in un cerchiolino, senza per forza sporgerle verso l’esterno. La vocale è chiusa e si trova normalmente in sillabe aperte (cioè che finiscono per vocale) eu, œu /œ/ È simile alla /ø/, dunque la vocale arrotondata appena spiegata, ma più aperta, e si trova normalmente in sillabe chiuse (cioè che finiscono per consonante). In francese, questa vocale aperta si chiama e dans l’o. œ /œ/, /e/ È una /ø/, tranne che in svariati latinismi nei quali si pronuncia come la “e” di “perché“. oë /o.e/ È una /o/ chiusa seguita da una /ɛ/. La dieresi segnala una divisione tra sillabe. i, î, ÿ; ï- /i/; /j/- È una “i” di indicare. La ï, oltre alla segnalazione che fa parte di una seconda sillaba a sé, forma sempre dittonghi (con poche eccezioni, come lo stesso “naïf”). Invece, la “y” con l’umlaut ha la particolarità di essere usata in dei nomi propri, ma la pronuncia è quella di una semplice /i/. -ie -/i/ Si riduce alla sola /i/ siccome, come già accennato, la -e non accentata a fine parola cade in pronuncia. o /o/; /ɔ/ È una “o” di ora, vocale arrotondata chiusa. Se è succeduta da una -r o da una -l, oppure se è in una sillaba chiusa di cui viene pronunciata l’ultima consonante, diventa aperta (come la “o” di “occhio”). ô /o/ È una “o” di ora, vocale arrotondata chiusa. oi, oî /wa/ È una “ua” di quaglia, quindi un dittongo che inizia con la semivocale chiusa arrotondata /w/. -oy(+a)- -/waj/- È una “uai” di guai, a cui segue un’altra vocale. Un esempio di questa combinazione complessa di vocali è “royaume” oï /oi/ È una “oi” di “oimè/ohimè”, poiché la dieresi indica la separazione di quello che altrimenti sarebbe un dittongo. au, eau; au(+l), au(+r) /o/; /ɔ/ È una “o” di ora, vocale arrotondata chiusa. Se è succeduta da una -l o da una -r, oppure se è in una sillaba chiusa di cui viene pronunciata l’ultima consonante, diventa aperta. oo /ɔ.ɔ/ Sono due “o” aperte e di fila, che perlomeno nella parlata curata e standard non culminano in un allungamento vocalico. u, ù, û, -ü- /y/ È una “i” di indicare che in più viene pronunciata arrotondata. Per ü vedi avanti ue /ɥɛ/ È la versione semivocalica della vocale arrotondata /y/, che si scrive /ɥ/, seguita poi dalla “e” aperta. -ue, a fine parola, produce -/y/ a causa della caduta di -e non accentata a fine parola. -uy; -uy- -/ɥi/; -/ɥij/- È una “ui” di “quinto”, con la /u/ arrotondata e in versione semivocalica. Se dentro la parola, subito dopo dà origine a un dittongo. Un esempio è “Guyenne” ou, oû, oue; où- /u/; /w/- È una “u” di ultimo; “où” invece, poiché forma sempre dittonghi (eccetto in “où”, dove), è la semivocale chiusa arrotondata /w/-. In -oue, a fine parola, produce -/u/ a causa della caduta di -e non accentata e a fine parola. b /b/ È una “b” di balena, consonante sonora. In generale, una consonante si dice sonora se il palmo della mano intorno alla gola sente le vibrazioni delle corde vocali (e.g. si paragonino “ffff” e “ssss” a “mmmm” e “vvvvv”). Nelle combinazioni -bt- e -bs- si desonorizza in /pt/ e /ps/ poiché la consonante successiva è sorda. c(+a), c(+o), c(+u), -c /k/-, -/k/ È una “c” di cane, consonante sorda. c(+e), c(+i) /s/- È una “s” di senza, consonante sorda. La pronuncia muta anche in italiano, spagnolo, portoghese, rumeno e polacco a causa di un fenomeno di palatalizzazione innescato dalla presenza di due vocali anteriori. In francese antico, era */t͡s/. Nelle combinazioni -cce- e -cci- il raddoppio si pronuncia /ks/ a causa della palatalizzazione, mentre in tutte le altre il raddoppio si riduce in /k/ poiché le tensificazioni in pronuncia non esistono in francese, come già accennato. ch /ʃ/; /k/ È una “sci” di scienza, consonante sorda. Se la parola è un grecismo, è una “c” di cane, consonante sorda. d; -d /d/; muta È una “d” di dente, consonante sonora. A fine parola è muta, salvo eccezioni. dj /d͡ʒ/- È una “gi” di giallo, consonante sonora. f /f/ È una “f” di farfalla, consonante sorda. g(+a), g(+o), g(+u); -g /g/-; muta È una “g” di galera, consonante sonora. A fine parola è muta, salvo che in prestiti da lingue straniere. g(+e), g(+i) /ʒ/ È una “gi” di giorno senza contatto tra organi, consonante sonora.

Nelle combinazioni -gge- e -ggi- si pronuncia /ʒ/ singola e per palatalizzazione. Se il gruppo “ge” si trova davanti ad un’altra vocale si la “e” non si pronuncia (ad esempio in “Georges”, /ʒɔʁʒ/)

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gu(+a), gu(+e), gu(+i), gu(+o) /g/- È una “g” di gallo, in cui non si forma il dittongo poiché salta la semivocale /w/. gü(+e), gü(+i); -guë /gw/-; /gy/ È una “gue” di guerra e una “gui” di guidare, in cui si sente il dittongo, la cui presenza è indicata proprio dalla dieresi sulla “u”. In -guë, per la caduta di -e a fine parola e non accentata, si ricava -/gy/. h muta Oggi è muta eccetto che in alcuni prestiti. Si presti attenzione al digrafo “ch”. j /ʒ/ È una “gi” di giorno senza contatto tra organi, consonante sonora. k /k/ È una “k” di koala, consonante sorda. Si trova raramente in prestiti. l; -il, -ill /l/; /j/ È una “l” di leva, consonante sonora. La combinazione -il e -ill a fine parola si riduce in una /j/ semivocalica, ad esempio “soleil“, sole (non varia nemmeno con la liaison). In poche eccezioni, tipicamente quando solo -il è preceduto da consonante o nulla, si pronuncia così come si scrive, ad esempio il, fil. m /m/ È una “m” di mano, consonante sonora. Per la nasalizzazione e le combinazioni con nasalizzazione, vedi le caselle sotto. n vedi descrizione Di base, è una “n” di nave, consonante sonora. Questa pronuncia si sente quando compare a inizio parola (ad es. “neige”, neve) e quando è in posizione intervocalica (ad es. “ananas”, ananas). Quando invece si trova a fine parola (e quindi -n) o prima di un’altra consonante, cade e nasalizza la vocale precedente, con un comportamento dunque molto vicino alla “n” in portoghese (ad es. “maman”, mamma; “enchanté”, piacere di conoscerLa). am-; an-, -an;

em-, en-

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/ɑ̃/ È la “a” aperta e gutturale a cui si aggiunge la nasalizzazione. Si ricorda poi la caduta di /n/ e /m/. aen, aën /ɑ̃/ È la “a” aperta e gutturale a cui si aggiunge la nasalizzazione. aim-, -aim; ain-, -ain; eim-, -eim; ein-, -ein; im-, in-, în-, -in, /ɛ̃/ È la “e” aperta a cui si aggiunge la nasalizzazione. om-, on-, -on /ɔ̃/ È la “o” arrotondata e aperta a cui si aggiunge la nasalizzazione. oin, oën /wɛ̃/ È una “que” di questione, con la /e/ aperta e colpita da nasalizzazione. um-, -um; un-, -un /œ̃/ È la “e” arrotondata e aperta, a cui si aggiunge la nasalizzazione. Il gruppo finale “-um” si pronuncia /ɔm/ nei latinismi e nei nomi degli elementi chimici (ad esempio “vanadium“, vanadio). ym-, ym- /ɛ̃/ È la “e” aperta a cui si aggiunge la nasalizzazione. Dopo quest’ultima nasalizzazione, si nota come le vocali /i/, /y/, e /ø/ nasalizzate non esistono in francese. In più, la /e/ e la /o/ per nasalizzarsi deve sempre aprirsi, mentre la /a/ deve diventare gutturale. gn /ɲ/, /gn/ È una “gni” di bagni, come in italiano, eccetto in poche parole in cui si sente il gruppo /gn/ per esteso. ng /ŋ/ È una “n”(+”c” o “g”) di panca ma senza consonanti di rilascio. Si trova in prestiti come “parking, camping”. p; -p /p/; muta È una “p” di pala, consonante sorda. A fine parola è muta, salvo eccezioni. ph /f/ È una “f” di farfalla, reperibile in grecismi. qu(+a), qu(+e), qu(+i), qu(+o), -q /k/- È una “c” di cane, senza che si pronunci il dittongo siccome cade la semivocale. Un esempio in cui invece compare a fine parola è “cinq“. qü(+e), qü(+i); qu /kw/-; /ku/ È una “que” di quercia e “qui” di aquila, siccome anche in queste due combinazioni la dieresi sopra la “u” disambigua la presenza della semivocale /w/. La combinazione -qu- seguita da consonante si pronuncia /ky/. r; -r /ʁ/; /ʁ/, muta È una “r” di rana ma non solo è una consonante polivibrante sorda, ma in più, come in tedesco (in cui però è sonora e infatti si trascrive /ʀ/) non si pronuncia facendo vibrare la punta della lingua contro il palato, ma si pronuncia facendo vibrare l’ugola (un pendaglio in fondo alla bocca) con la radice della lingua sollevata in zona uvulare. Esce dunque una “r” molto gutturale e sorda. La “r” è muta nelle parole che terminano in scrittura in -er (e dunque, tipicamente, negli infiniti dei verbi della prima coniugazione), salvo eccezioni (ad esempio in “hiver”, inverno). s; -s /s/, -/z/-; muta È una “s” di senza, consonante sorda. Se intervocalica, è una “s” di rosa, che è sonora. Anche la -s nell’articolo determinativo plurale “les” si vocalizza in /z/ se seguito da parola plurale che inizia per vocale. A fine parola è muta, salvo eccezioni. sc(+a), sc(+o), sc(+u) /sk/- È una “schi” di schiena. sc(+e), sc(+i) /s/- È una “s” di senza, consonante sorda. La pronuncia deriva dalla solita palatalizzazione. sch /ʃ/ È una “sci” di scienza, consonante sorda. Si trova in prestiti tedeschi ma non solo, ad es. “haschisch”. ç /s/ È una “s” di senza, consonante sorda. La “C con la cedilla/cédille”, cioè un gancetto o uncinetto in basso, storicamente si pronunciava */t͡s/ ed era presente pure in spagnolo. Oggi si trova ancora in francese, portoghese e catalano. Dopo la C con la cedilla si trovano solo le vocali -a, -o, -u. t; -tion; -t /t/; -/sjɔ̃/; muta È una “t” di tavolo, consonante sorda. Se seguita dalla semivocale /j/ (e il caso esemplare è il suffisso -tion), muta in una “s” di senza, consonante sorda (eccetto in pochi casi e se a inizio parola, ad es. tiens). A fine parola, la “t” è muta eccetto nel gruppo -ct, -/kt/ (ad es. correct) e -pt, /pt/ (ad es. concept) ed altre eccezioni. th /t/ È una “t” di tavolo, consonante sorda, ed è reperibile in svariati grecismi. tch /t͡ʃ/ È una “ci” di ciao, consonante sorda. v /v/ È una “v” di vela, consonante sonora. w /w/, /v/ È una “v” di vela o una semivocale /w/. Si trova raramente in prestiti e la pronuncia varia proprio in base all’origine del prestito (ad esempio, se è tedesco sarà /v/). x vedi descrizione Se a inizio parola, è una “cs” di clacson; se in mezzo alla parola e intervocalica, il cluster si vocalizza in /gz/; se a fine parola, è muta in pronuncia eccetto nei grecismi. In più, nelle combinazioni -xca-, -xco- e -xcu- non muta (cioè il cluster si pronuncia -/ksk/-), ma si semplifica in -xce- e -xci-, tale per cui si pronuncia -/ks/-. Quanto alla preposizione articolata “aux” (alle), per liaison se seguita da vocale si pronuncia /oz/ . y /j/; /i/ Seguita da vocale, è una “i” di iena, dunque una semivocale che forma dittonghi. Seguita da consonante o in fine di parola si riduce a una “i” di indicare. z; -z /z/; muta È una “s” sonora di rosa. A fine parola è muta, salvo eccezioni.

Source: https://dvn.com.vn
Category : Giovani

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